domenica 3 febbraio 2013

"Midnight in Paris" - Recensione Film Home Video

Chi non ha mai sognato di vivere nel passato, incontrare gli intellettuali degli anni '20 e magari far correggere le bozze del proprio romanzo alla talent-scout Gertrude Stein?



Questo film è rivolto a questi sognatori. Confesso di aver avuto qualche pregiudizio nei confronti di Midnight in Paris: il protagonista incontra, ogni sera a Mezzanotte, novello Cenerentolo nella Parigi degli anni '20, il più stimolante crogiuolo di intellettuali che si siano mai ritrovati nella storia ad abitare (ma direi anche vivere) la stessa città. Il mio timore era quello che questo film, oltre a questa bella e sognante idea non riuscisse ad offrire molto di più. E non credo di esserci andata lontana.
"Midnight in Paris" è un film piacevole, breve, che ruota intorno all'idea centrale del mito dell'età dell'oro: per il protagonista, Gil, l'epoca perfetta sono gli anni '20, il luogo Parigi. In barba al concetto di progresso. La stessa nostalgia prova anche Adriana (una donna degli anni '20 che si innamora del nostro Owen Wilson durante le sue visite notturne nel passato), ma per la Parigi della Belle époque (da fine '800 alla prima guerra mondiale); e si sarebbe potuto procedere ancora all'indietro con una serie di personaggi innamorati di epoche precedenti, e via così con le scatole cinesi, fino ad arrivare probabilmente all'età di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre. Per fortuna Woody Allen si ferma, perché Gil risolve il suo problema. Potremmo citare il luogo comune "Si stava meglio quando si stava peggio" (EPURATO da ogni significato neofascista!), perché Gil in fondo lo ha sempre saputo che si stava davvero peggio nel passato: cerca di far ragionare Adriana sugli aspetti negativi della fine dell' '800 (condizioni igienico-sanitarie più precarie su tutti) rendendosi così conto che la soluzione alla sua insoddisfazione, alla sua nostalgia, non va risolta fuggendo nel passato, ma impegnandosi per costruirsi un futuro migliore.

Insomma, alla fine questo lavoro di Woody Allen, oltre a non contenere strani messaggi nascosti, come spesso mi sono ritrovata a cercare nei suoi film, ci offre persino una morale finale. Una morale di speranza. La trama è coerente, non ci sono colpi di scena, il protagonista non è nevrotico (come i vari ruoli di Woody Allen o i suoi alter-ego), ma un sognatore come molti di noi, impersonificato da un solare e pieno di stupore Owen Wilson (finalmente uscito da quei ruoli comici-superficiali in stile "2 single a nozze", questa interpretazione lo riscatta con successo). Ma questo film è davvero di Woody Allen??

Per fortuna emerge qualche elemento che ricorda la firma del maestro: il dettaglio per i particolari, le citazioni, i dialoghi brillanti a volte, surreali altre, e su tutti la concezione dei rapporti d'amore; Gil forse non è davvero convinto di voler stare con due donne contemporaneamente, ma ad essere messa in discussione non è l'idea, bensì sono quelle due donne specifiche: una troppo ancorata al passato, l'altra troppo al (proprio) presente.

Simpatica la caratterizzazione dei personaggi degli anni '20: tutti relativamente piatti (ad eccezione di Gertrude Stein) ma molto divertenti: da Picasso a Hemingway, ma soprattutto Salvador Dalì-Adrien Brody che ripete continuamente la parola "Rinoceronte"; più noioso Buñuel che quasi non si degna di rispondere. Qualcuno però informi Woody Allen che nella sua amata Europa, dove viene apprezzato molto più che in patria, quasi nessuno conosce (purtroppo) i Fitzgerald, la Stein e Cole Porter. Più infelice a mio parere la rappresentazione dei personaggi contemporanei: degli stereotipi, quasi macchiette, troppo piatti e prevedibili per il posto che dovrebbero occupare nella vicenda. Davanti al personaggio della guida turistica Carla Bruni eccessivamente prodiga di traduzioni davanti al primo straniero che passa non si sa poi se ridere o piangere.

In conclusione, un film a mio parere piacevole, l'amore per la città di Parigi e per la cultura degli anni '20 (e per la cultura in generale) emergono in modo evidente e tracciano un meraviglioso dipinto, che purtroppo si conclude in se stesso.

Voto: 7 1/2: per l'originalità della sognante sceneggiatura (Oscar alla miglior sceneggiatura originale 2012), per la freschezza di Owen Wilson, perché c'è la mia amata letteratura in questo film. Però c'è, ahimè, poco Woody Allen, e si sente dal sapore di dolce e concluso che questo film lascia in bocca.

Da vedere se: amate la cultura, gli anni '20, o semplicemente siete dei sognatori insoddisfatti che vogliono ritrovare la fiducia nel futuro.

Da non vedere se: ...A mio avviso è un film per tutti, dura solo 1,30 h, secondo me non ve ne pentirete. A meno che odiate le storie con poca azione e lieto fine assicurato, i riferimenti culturali o pensate di non essere abbastanza esperti (ma anche in questo caso, non preoccupatevi). Se non amate i film di Woody Allen, non aspettatevi di trovare il suo marchio evidente. Anche se, in effetti, da Woody Allen non si sa mai cosa aspettarsi.

Curiosità: Non aspettatevi di trovare riferimenti a Van Gogh, pur citato nella locandina del film.



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